lunedì 31 dicembre 2012

lunedì 24 dicembre 2012

LETTERA DI FINE ANNO

Il 2012 sta per concludersi e, come successo l'anno scorso, abbiamo deciso di scrivervi una breve lettera di auguri, brindando insieme anche "telematicamente" all'anno che verrà.
Che dire...per noi questo 2012 è stato davvero l'anno della consacrazione che ci ha permesso, nei primi mesi e ancora in fasce, di partecipare attivamente con Lineacomune e il PD di Calusco alla campagna elettorale e alle conseguenti elezioni amministrative, con molti dei nostri ragazzi che hanno avuto l'onore di crescere e formarsi accanto a persone davvero straordinarie. Una grande prova di forza questa per i nostri ragazzi che, nonostante lo stress della campagna elettorale, sono riusciti a non trascurare le varie iniziative GD, alternando senza difficoltà e con grande spirito di sacrificio i due impegni. 
Andando al di là della campagna elettorale, però, quello che davvero ci sorprende è vedere il nostro movimento giovanile crescere a dismisura. Come ben sapete il nostro gruppo è nato nel mese di settembre 2011 e contava, al suo interno, soli tre giovani temerari che hanno subito, per qualche mese, anche diversi attacchi da persone che comunque non credevano nella nascita di un movimento giovanile e di centrosinistra qui a Calusco. Ora, a distanza di un anno, il gruppo conta al suo interno ben 14 giovani totalmente operativi, dimostrando che la politica, quando è svolta con passione e sentimento, può davvero coinvolgere TUTTI.
Peccato che le elezioni si siano svolte nei primi mesi della nostra esistenza altrimenti, con le forze, la maturità e quel pizzico di follia in più che abbiamo conquistato in questa seconda parte dell'anno, l'esito sarebbe stato ben diverso.
Ma ora passiamo ai ringraziamenti. Quest'anno (non ce ne vogliate) abbiamo deciso di rivolgere un GRAZIE speciale a tre persone che sono state e continuano ad essere, per noi, un vero modello.
La prima persona che vogliamo ringraziare è il segretario del circolo PD Calusco Sperandio Mangili. Senza Spera, molto probabilmente, questo gruppo non sarebbe mai esistito. Ha avuto il coraggio e anche la pazzia di credere subito in questi giovani, trattandoci immediatamente come suoi figli. Non è un caso se tutto il gruppo lo chiama "papà Spera"! Dobbiamo sentirci veramente fortunati di avere una persona del valore di Spera come segretario, una persona che è stata capace di trasmetterci il significato più profondo del fare volontariato e l'essenza più alta del fare politica. Come ha detto Benigni "il fare politica è la cosa più alta per organizzare la pace, la serenità e il lavoro. Non avere interesse per la politica è come dire di non avere interesse per la vita" e tu, tutto questo, ce lo insegni ogni giorno!
Un altro ringraziamento veramente speciale va a Mario Manzoni, esponente di spicco del nostro PD locale. Un vero e proprio mentore capace, con i suoi preziosi consigli, il suo carisma e la sua determinazione, di far crescere noi giovani giorno dopo giorno in un ambiente di sana e vera politica. Mario rappresenta in tutto e per tutto l'uomo nuovo e moderno, quell'uomo che non ha bisogno di una data di nascita scritta sulla carta d'identità per sentirsi giovane e avere idee completamente nuove e di cambiamento. Grazie Mario, se diventeremo "grandi" sarà soprattutto merito tuo.
Infine vogliamo ringraziare un altro grande uomo politico del nostro paese: Alfredino Cattaneo. Una persona veramente eccezionale, spontanea, generosa, onesta e allo stesso tempo infinitamente umile. Grazie "Alfred" per farci sentire sempre così importanti, di coinvolgerci ma soprattutto di gratificare ogni giorno il nostro lavoro. 
Grazie di cuore a tutti e tre, senza di voi non ce l'avremmo mai fatta.
Concludendo, grazie anche a tutte le persone che non abbiamo citato direttamente ma che ogni giorno ci supportano, ci spronano e ci fanno sentire sempre più parte della società civile caluschese.
Ma soprattutto GRAZIE a voi cittadini, che ci scrivete e contattate costantemente per segnalarci un problema o anche solo per un piccolo saluto o attestato di stima. Ricambieremo tutta questa fiducia, è una promessa!
Buone feste a tutti, nella speranza che il 2013 sia l'anno della svolta per ognuno di voi.
Con affetto,

GD CALUSCO




IL FILO DI ARIADNE


Chi viaggia senza incontrare l’altro non viaggia, si sposta”
(Alexandra David-Néel)

Voglia di evasione, ricerca della felicità, vita, rapporti. Tutto questo e non solo è il viaggio,  capace di stimolare, indipendentemente dalla sua durata,  le passioni più profonde dell’animo umano.  Una volta partiti, tutto ciò che da quel momento si vive è il viaggio, capace di condurci verso culture  e lingue diverse, modi di fare, pensare, dire e vedere le cose molto spesso completamente differenti dai nostri. E’ proprio l’incontro con l’altro che stimola in noi il senso di scoperta, la voglia di scegliere, la necessità di condividere e affermarci in questa vita, con il viaggio che, in realtà, non termina con il nostro ritorno “a casa”. Le idee, le immagini, i suoni e i sapori che un viaggio ci regala, infatti, non fanno altro che riprodursi nella nostra mente, trovando spazio inconsciamente negli ambienti quotidiani in cui viviamo, quali il lavoro, la famiglia e gli amici. Il viaggiatore, quindi,  non è solo colui che gira il mondo da un punto geografico all’altro, ma è colui che si ferma di fronte al nuovo ascoltandolo. Una volta vissuto pienamente il viaggio, con tutte le emozioni e i turbamenti che questo suscita, ci si renderà veramente conto di quanto banale sia la nostra esistenza quotidiana.

giovedì 20 dicembre 2012

CAOS DENTRO: La strage di Sandy Hook e il commercio delle armi negli USA


Alle 9.00 del 14/12/12  il ventenne Adam Lanza si reca nella scuola elementare di Sandy Hook, Newton, Connecticut. Rompe il vetro di una finestra con una pistola, si introduce nell’edificio e uccide la preside e la psicologa scolastica che sacrificano la loro vita per difendere dei bambini. Dopo l’omicidio delle due donne, Lanza si dirige verso una classe, ma la trova chiusa. Decide quindi di entrare in una seconda aula dove uccide a sangue freddo la supplente Lauren Rousseau e i 14 bambini della classe. Non ancora sazio di sangue, Adam si sposta in un’altra classe dove la maestra ha avuto la prontezza di nascondere i bambini nello sgabuzzino, ma sei di loro, presi dal panico, hanno tentato di fuggire e sono stati freddati dal killer. Dopo aver ucciso la loro maestra e un’altra insegnante, Lanza ha rivolto la pistola contro sé stesso e si è ucciso. Prima di compiere la strage il killer aveva assassinato sua madre, Nancy Lanza, con svariati colpi di pistola alla testa. Le armi usate per la strage sono due pistole (una Glock e una Sig Sauer) e un fucile d’assalto semiautomatico calibro 223 (probabilmente un M16). Esse appartenevano alla madre dell’omicida che le usava regolarmente in quanto appassionata di armi e poligoni di tiro. Adam Lanza aveva gravi problemi sia di salute che familiari: era infatti affetto dalla sindrome di Hasperger e i suoi genitori si erano separati tempo prima. Il ragazzo amava il computer e passava il suo tempo in solitudine, giocando a giochi di guerra per cui il giovane provava una irrefrenabile passione. Non penso che si scoprirà mai quale sia il vero movente di tale massacro in quanto l’assassino ha deciso di porre volontariamente fine alla propria vita, ma la domanda che ora sconvolge l’America è: sono giuste le “armi facili”? Si può davvero permettere che qualcosa di tanto pericoloso e poco sicuro sia alla portata di chiunque, compresi bambini e individuo psicologicamente instabili? Il secondo emendamento della costituzione americana recita che: “Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una ben organizzata milizia, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non potrà essere infranto”. Molti ritengono che tale emendamento permetta solo alla “Milizia” (inteso come forze dell’ordine) di possedere armi e di usarle per la difesa dei cittadini, ma gran parte degli americani ritengono che ogni cittadino americano debba avere la possibilità di detenere un’arma per la propria sicurezza individuale, che è l’idea su cui attualmente si appoggia la legge che regola l’uso e il possesso di armi da fuoco nel paese. Ottenere un’arma è relativamente semplice, anche se bisogno ricordare che dal 1968, grazie al Gun Control Act, chi ha particolari precedenti penali ha più difficoltà a entrare legalmente in possesso di una pistola o di un fucile. I colpevoli di reati, i latitanti, gli immigrati clandestini, le persone soggette a ordinanze restrittive e chi non è cittadino statunitense, non possono né acquistare né possedere armi. Altre limitazioni sono previste per chi fa uso di particolari medicinali o di sostanze stupefacenti. Le leggi dei singoli stati complicano però il quadro, ponendo numerose eccezioni rispetto alle leggi federali. Nel Vermont, per esempio, non sono necessari particolari permessi e non ci sono nemmeno distinzioni tra residenti e non residenti: tutti possono girare armati, eccetto in alcuni luoghi come le scuole. In questi giorni che sono seguiti alla strage, la voce di coloro che si indignano di fronte a questa situazione paradossale si è fatta sentire con forza sempre maggiore e si pensa già ad una nuova legge sulle armi, ma sono pronto a scommettere che, come al solito, la NRA (National Rifle Association), una delle maggiori lobby delle armi statunitensi, ci metterà lo zampino per impedire al suo impero di crollare. Inoltre, bisogna guardare in faccia la realtà: negli Stati Uniti quasi l’80% delle persone aventi diritto di portare un’arma la posseggono, per non parlare di coloro che lo fanno senza averne diritto. C’è solo da sperare che si riesca a dire basta a questo obbrobrioso commercio che semina solo morte e mai vera giustizia. E non è vero che non sono le persone a uccidere: le persone armate e con un motivo qualsiasi per farlo sono i responsabili di tutte le tragedie che sono avvenute. Speriamo che il presidente Obama decida di far passare la legge anti-armi in modo simili stragi non vengano mai più perpetrate con una tale, terrificante facilità. 


                       

martedì 18 dicembre 2012

STELLE DANZANTI

Vivere?

Il cuore che batte nel petto.
Il sangue che scorre nelle vene.
La linfa che fluisce nel corpo.
La vita che costringe a percepire, agire, subire.
Ma chi ha deciso cosa deve essere?

La libertà tra gli ideali.
La possibilità di scegliere tra le ambizioni.
Il desiderio decidere tra i sogni.
La voglia di essere sé stessi tra le speranze.
Ma come se non c’è libertà, scelta di iniziare?

Una spiegazione come obiettivo.
Un motivo come risultato sperato.
Una risposta come esito agognato.
Un senso come fine.
Ma dove trovare, dove cercare?

Il tempo corre, fugge via,
tra dita incapaci di trattenerlo.
Gli eventi si susseguono imprevedibili,
via da una mente che non sa spiegarli.
Ma verso quale destinazione?

La breve luce concessa sfiorisce
e dà spazio a una condanna eterna.
Il dolore e la depressione cadono distruttivi
su effimeri momenti di pace e serenità.
Ma perché subire tutto ciò?

Solca veloce i mari tempestosi dell’esistenza
la nave del Fato, implacabile, inarrestabile.
Crea, dà vita, condanna,
assolve, uccide, distrugge,
Senza mai spiegare le sue ragioni.

E a noi resta il buio, l’incomprensibile.
E a noi resta l’inquietudine, l’inevitabile.

           Astarte

giovedì 13 dicembre 2012

CAOS DENTRO: IL GIORNO DOPO IL SISMA


6 Aprile 2009, h 3.32, L’aquila.
La terra trema con una potenza devastante: 5.9 della scala Richter. Trenta secondi di puro terrore mentre la popolazione, svegliatasi di soprassalto, tenta di salvarsi e di evacuare le proprie case. Immediate sono le operazioni di soccorso messe in atto non solo dai vigili del fuoco e dalla protezione civile, ma anche di coraggiosi volontari tra cui spicca l’eroe dell’Aquila rugby Lorenzo Sebastiani, che morirà sotto le macerie durante i soccorsi.

Intere frazioni come Onna e Fossa, entrambe in provincia dell’Aquila, sono completamente rase al suolo. Il bilancio della tragedia è devastante: la provincia è in ginocchio, paesi interi sono distrutti, i feriti sono circa 1178, di cui 200 gravissimi portati in ospedale d’urgenza, e i morti ammontano a 309. Alcune persone vengono estratte dalle macerie solo molte ore dopo come la studentessa Marta Valente, 24 anni, tratta in salvo dopo 23 ore da sotto i resti della casa dello studente, oppure la signora Maria D’Antuono, 98 anni, salvata dopo 30 ore, la quale ha dichiarato di aver trascorso tutto il tempo a lavorare all’uncinetto.

I funerali sono stati celebrati il 10 di Aprile, di venerdì santo. Alla funzione hanno partecipato le più alte cariche dello stato. Qualche tempo dopo si è svolto nel capoluogo abruzzese il G8 a cui hanno partecipato i più potenti uomini della terra, tra i quali il presidente americano Barack Obama. Quest’ultimo è rimasto colpito dalla rovina presente all’Aquila, che non solo ha l’aspetto di una città ferita da una grave catastrofe, ma il cui dolore è stato spettacolarizzato e usato per aumentare la propria visibilità agli occhi delle altre nazioni e dei media. Molti dei sopravvissuti sono stati portati in hotel situati sulla costa a spese dello Stato in modo da avere un tetto sulla testa, ma i meno fortunati sono stati costretti ad ammassarsi nelle tendopoli che sorgono ovunque in tutte le provincie d’Abruzzo.

Dopo un anno, al freddo, con l’igiene a livelli minimi e il poco cibo che viene servito dagli angeli della protezione civile e dai volontari giunti da tutta Italia, coloro che vivono in queste condizioni precarie decidono di andare a manifestare direttamente a Roma, guidati dal sindaco dell’Aquila e da altre importanti autorità abruzzesi, per dare voce alle loro proteste legittime, dato che lo Stato si era impegnato a sgombrare le tendopoli al massimo nel giro di un anno. A Roma, però, il corteo viene fermato e caricato dalla polizia e i manifestanti vengono presi a manganellate. Tra i feriti figura proprio il sindaco dell’Aquila.

Il senso di delusione e amarezza che si diffonde dopo l’episodio è profondo: lasciati a loro stessi, i terremotati decidono di non aspettare più i comodi del governo e alcuni di loro decidono di comprare un’abitazione a loro spese e andarsene dalle tendopoli. Alcune case di legno vengono fornite dallo stato, ma sono piccole e quasi mancano dei comfort più basilari. Molti si accontentano, ma altri invece decidono di rimanere nelle tendopoli o negli hotel. E qui sorge un altro problema: i proprietari degli alberghi sono preoccupati. Chi pagherà il conto dei “clienti”? Quando si potranno rendere gli hotel nuovamente agibili? Nessuno lo sa.

Nei primi tempi si erano fatti raccolte, concerti e collette che hanno aiutato la provincia a sollevarsi un po’, ma non è bastato. Quando l’ “effetto novità” è passato e la situazione ha perso visibilità mediatica è scomparsa l’informazione e con essa sono scomparsi gli aiuti della gente. Già dopo un anno dal sisma non si pensava più tanto al terremoto, che aveva scatenato una vera e propria psicosi, aumentata dai media. Si diceva “ci penserà lo Stato, ha promesso di occuparsene, non è affare mio”. E si andava avanti. Ma a quasi tre anni dal sisma alcuni dei terremotati si trovano tutt'ora in quegli alberghi. L’unico aiuto concreto che lo Stato ha dato è stato il cosiddetto “Decreto Abruzzo”.

Questa è ed è stata la situazione degli ultimi anni. La domanda di base a cui spero che qualcuno riesca a rispondere è: c’è qualcuno che dopo due anni e mezzo si ricorda ancora della tragedia che ha colpito l’Abruzzo, che si rende conto che c’è ancora gente costretta a vivere nelle tendopoli? Qualcuno che si chieda ogni tanto se può fare qualcosa? La risposta per almeno il 70% degli italiani è no. Perché ai nostri giorni tutte le cose vanno di pari passo e anche la solidarietà si è dovuta adeguare: va di pari passo con lo share televisivo.


mercoledì 12 dicembre 2012

PRIMARIE IN LOMBARDIA

Questo sabato, 15 dicembre, si svolgeranno le primarie del "Patto Civico" in Lombardia. Obiettivo: vincere le prossime elezioni regionali e aprire la stagione del cambiamento!
Anche in questa occasione saranno in campo migliaia e migliaia di volontari che, come successo nelle Primarie Nazionali, mostreranno ancora tutta la loro passione spendendo gratuitamente il loro tempo per il futuro dell'Italia e della Ragione.

COME VOTARE

Si vota dalle ore 8.00 alle ore 20.00 di sabato 15 dicembre 2012 in seggi distribuiti in tutta la regione. Il candidato che ottiene il maggior numero di voti viene indicato come candidato Presidente del Patto Civico. 
La partecipazione alle Primarie del Patto Civico è aperta a tutte le cittadine e i cittadini italiani residenti in Lombardia, in possesso dei requisiti previsti dalla legge; alle cittadine e ai cittadini dell’Unione Europea residenti in Lombardia; alle cittadine e ai cittadini di altri Paesi, residenti in Lombardia e in possesso di regolare permesso di soggiorno e carta d’identità; ai giovani residenti in Lombardia che abbiano compiuto i 16 anni entro il 15 dicembre 2012. Gli elettori e le elettrici che intendono partecipare alla scelta del candidato Presidente del Patto civico dovranno versare un contributo alle spese organizzative di almeno 1 euro e fornire i propri dati anagrafici.


I CANDIDATI


Umberto Ambrosolinato a Milano nel 1971, è sposato con Alessandra con cui ha tre figli. Laureato in Giurisprudenza, è diventato avvocato penalista. È attualmente componente di due organismi di vigilanza ed è stato nominato dalla Banca d'Italia in tre comitati di sorveglianza in procedure di rigore relative ad istituiti e società lombarde.
Nel 2009 ha pubblicato il libro "Qualunque cosa succeda", che narra la vicenda del padre, l'avvocato Giorgio Ambrosoli, assassinato l'11 luglio 1979 da un sicario reclutato dal banchiere siciliano Michele Sindona, sulle cui attività indagava nell'ambito dell'incarico affidatogli dalla Banca d'Italia di commissario liquidatore della Banca Privata Italiana.
La divulgazione dell'esempio del padre lo ha portato a realizzare oltre trecentocinquanta incontri pubblici dal 2009 ad oggi, con particolare attenzione alle scuole medie superiori, sui temi della legalità e della responsabilità civile di ogni cittadino.
L’8 novembre 2012 ha accettato la candidatura come garante di una ampia coalizione del centrosinistra per le prossime elezioni regionali.

Andrea Di Stefano: 48 anni, è giornalista, si occupa da sempre di economia e finanza etica. È direttore di Valori, rivista mensile promossa da Banca Etica che si occupa di economia sociale, finanza etica e sostenibilità. Collabora con Rainews 24, LaRepubblica, Il Fatto Quotidiano on-line e l'Agenzia dei Giornali Locali del Gruppo Espresso. Su Popolare Network conduce, con Gianmarco Bachi, il programma "Il giorno delle locuste".
Dal 2007 è membro della Commissione Centrale di Beneficenza della Fondazione Cariplo. 
È responsabile Affari Istituzionali e Comunicazione per la Novamont S.p.A., società all'avanguardia nel campo della scienza dei materiali e della Bioeconomia. 
È membro, dal 2009, del Comitato Scientifico di Cervia Ambiente. È presidente della Cooperativa Editoriale Circom, che sviluppa progetti editoriali innovativi (tra cui la rivista Valori) che relazionano ambiente, società e sviluppo delle nuove tecnologie. 
Insieme a Carlo Monguzzi e Emilio Molinari ha costituito il primo osservatorio contro le ecomafie.
Ha una compagna, Anna, e due figli.

Alessandra Kustermann: 59 anni, è dal 2009 la Direttrice dell'Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia del Pronto Soccorso della Clinica Mangiagalli. In precedenza (dal 1989) è stata responsabile della diagnosi prenatale. Collabora da sempre con le istituzioni della città di Milano e della Regione Lombardia, e con istituzioni nazionali ed europee.
Ha realizzato negli ultimi vent'anni il Centro contro la Violenza Sessuale e il Centro contro la Violenza Domestica, cui si è aggiunto recentemente lo Sportello per Bambini e Adolescenti Maltrattati.
Ha assunto ruoli importanti in ambito europeo (due Progetti finanziati dall'Europa – SVELA e LEXOP), in ambito nazionale (Membro del Consiglio Superiore della Sanità, Collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità, collaborazione con il Ministero della Sanità) e in sede di amministrazione locale (Regione, Provincia e Comune). 
Ha ricevuto le tre più importanti onorificenze lombarde: 
l'Ambrogino d'Oro del Comune di Milano (2010), il Sigillo Longobardo del Consiglio Regionale della Lombardia (2008), la Medaglia d'Oro di riconoscenza della Provincia di Milano al Soccorso per la Violenza 
Sessuale Domestica (2007).
Ha un compagno, Gianni, e tre figli.

Per maggiori informazioni: www.pattocivicolombardia.it 



martedì 11 dicembre 2012

STELLE DANZANTI


Poesia

Ormai è da qualche giorno
che mi rifugio in te
per alleviare il mio dolore,
per cercare risposta alle mie domande
e talvolta nel tuo silenzio
riesco a trovare delle risposte.
La tua compagnia
mi da speranza e sollievo,
probabilmente ci risentiremo ancora
perché entrare nel tuo mondo
non mi fa pensare a quanto
triste e crudele
possa essere il mio
e mi fa credere che
il mondo possa cambiare,
so che non succederà mai,
ma quest’illusione
mi da la forza per
andare avanti.
Dreamer

domenica 9 dicembre 2012

IL FILO DI ARIADNE

"Mi piace immaginare che il mondo sia un unico grande meccanismo. Sai, le macchine non hanno pezzi in più. Hanno esattamente il numero e il tipo di pezzi che servono. Così io penso che se il mondo è una grande macchina, io devo essere qui per qualche motivo. E anche tu!"
(Dal film "Hugo Cabret")

Quando mi hanno proposto di pubblicare questa frase non ho saputo dire di no perché è una di quelle frasi che nelle loro poche parole e nelle loro immagini semplici e familiari  a loro mondo sanno dirci tutto. Solo che quel "tutto" non è mai oggettivo, ma è qualcosa che ognuno di noi comprende in modo diverso e personale. Quindi, per questa volta, lascio ai lettori l'interpretazione, lascio che ciascuno rifletta su questo "grande meccanismo" di cui facciamo parte e sulla funzione che svolge o cerca di svolgere in esso.


giovedì 6 dicembre 2012

CAOS DENTRO: ANCHE L’OPERAIO VUOLE IL FIGLIO DOTTORE


Come è cambiato il sindacato negli anni? È ancora in grado di tutelare i suoi lavoratori? E come viene percepito da chi, da decenni, lavora nell’industria?
È indubbio che il mondo del lavoro sia mutato profondamente, cambiamento dovuto a diversi fattori che riguardano lo sviluppo tecnologico, il concetto di produzione, una maggiore competizione, l’emergere di nuovi sistemi organizzativi per le aziende,etc. Il Sindacato come ha reagito a questi cambiamenti?
Oggi vogliamo parlarvi di un mondo in particolare, quello dei lavoratori metalmeccanici che ieri, 5 dicembre 2012, sono scesi in piazza per protestare contro l’approvazione del nuovo contratto nazionale 2013-2015. Si tratta dei lavoratori della FIOM, sindacato dei metalmeccanici che dopo aver rifiutato l’accordo del 2009, è stato escluso dalle trattative per il rinnovo del contratto nazionale siglato tra Federmeccanica; Assistal, Fim, Uilm e definito da Mirco Rota, segretario generale della Fiom della Lombardia, un “contratto che va contro i diritti dei lavoratori”.

M. (50) e L. (26) – tesserati FIOM

A quanti anni hai iniziato a lavorare?

M. << Ho iniziato a lavorare a quindici anni, ho fatto vari lavori, dal tappezziere all’imbianchino, poi sono entrato in fabbrica e ormai sono una tuta blu dal ’79. >>
L. << Ho svolto diversi lavoretti durante gli studi, per lo più come commesso o addetto vendita. Dopo il diploma di maturità ho iniziato a cercare qualcosa di più inerente ai miei studi (elettrotecnico, ndr), così a 18 anni ho iniziato a lavorare come operaio metalmeccanico in fabbrica, non è esattamente ciò che vorrei fare ma dato che al momento cambiare è impossibile, mi accontento. Più avanti chissà. >>

Cosa pensi del Sindacato in generale?

M. << Penso che si sia indebolito molto. Ho sempre creduto nell’importanza di scioperare per ottenere migliori condizioni di lavoro, ma ormai sono giunto alla conclusione che gli scioperi, per come sono organizzati oggi, servono ben poco.  Una volta gli operai erano uniti, lo sciopero non era programmato con settimane di anticipo (a che serve se è “pianificato”? l’azienda si prepara e l’effetto di disagio viene praticamente annullato).
L’azienda era messa alle strette e alla fine ottenevi ciò che ti spettava. Mi ricordo, ad esempio, quando abbiamo fatto sciopero per ottenere la mensa e il padrone ci diceva “andate a ca’ vostra a mangiare!”, abbiamo lottato e alla fine l’abbiamo ottenuta. Sembra poco? Beh, con un ora di pausa non torni a casa e quando devi pranzare con un panino tra le polveri e l’olio delle macchine, per non parlare del freddo d’inverno, un posto caldo e pulito fa la differenza. È una questione di rispetto e di dignità. Oggi il sindacato si è spaccato e ciò è avvenuto perché il sindacato si è messo a fare politica. Un sindacalista che lotta non per i lavoratori ma per fare carriera, iniziando ad anteporre i propri interessi, non è più un buon sindacalista. È compromesso e chi ci rimette sono gli operai. Questo succede tanto ai livelli più alti quanto all’interno delle singole aziende. Una volta abbiamo fatto uno sciopero per un aumento di salario. Giorni di sciopero e alla fine l’azienda aveva ceduto, dandoci quasi l’intera somma richiesta. Un accordo ragionevole e di buon senso. Il rappresentante interno però non era d’accordo, ne faceva una “una questione di principio” e ha continuato a fare guerra all’azienda, contro anche il volere della maggioranza degli operai. Il suo obiettivo - l’abbiamo capito poi - era principalmente di farsi notare dal sindacato provinciale, sperando di lasciare il posto in fabbrica e assicurarsene uno in ufficio. Tuttavia lo sciopero era diventato insostenibile e l’accordo che era stato inizialmente avanzato fu ritirato dall’azienda e ne fu proposto un altro, meno conveniente, che alla fine il rappresentante fu costretto ad accettare. Questo è solo un esempio di come interessi personali indeboliscano il sindacato e come venga messo in secondo piano quello che dovrebbe essere il suo vero e unico obiettivo: la tutela del lavoratore.>>
L. << Ormai il sindacato fa politica e la spaccatura che si è venuta a creare tra i tre sindacati è puramente “ideologica”. Ormai non si parlano nemmeno più, partono da posizioni contrapposte alle quali rimangono saldamente attaccati senza fare alcuno sforzo per venirsi incontro. Gli operai sono operai, non ci sono operai di destra e operai di sinistra o almeno non dovrebbero esserci nel momento in cui si parla di diritti. Questi sono estesi a tutti e quindi è giusto che i sindacati parlino tra loro, trovino un accordo e si confrontino all’interno delle fabbriche con i lavoratori. Cosa vuol dire, all’interno della stessa fabbrica, fare due assemblee  sullo stesso argomento, nello stesso giorno, in due stanze separate? Ciò significa che c’è ostilità, non si parlano. Non si spacca solo il sindacato, si creano fratture nel gruppo operaio in cui si insinuano ricatti, compromessi. Si indebolisce il potere contrattuale dei lavoratori e l’azienda può sempre più facilmente imporre le proprie condizioni, soprattutto in un periodo di crisi come questo. >>

Cosa pensi dello sciopero di ieri  contro l’approvazione del nuovo contratto metalmeccanici?

M. << Io non ho aderito allo sciopero. Non perché sono d’accordo con il contratto che hanno firmato CISL e UIL, è un contratto che fa pena. Si vantano di aver dato un aumento di 130euro, “soldi freschi” li hanno definiti. Innanzitutto, sono “al lordo” e solo per il quinto livello, andando a scalare per i livelli più bassi.
Una  1a, stando al contratto, prenderà un aumento (sempre al lordo) di 81,25 euro, spalmati su tre anni. Ovviamente la tranche più consistente sarà data nel 2015. Diciamo che è un contentino che CISL e UIL sbandierano a destra e a manca come una grande conquista solo per coprire ciò che hanno fatto passare sotto silenzio e senza consultare i diretti interessati, ossia noi operai.
Primo tra tutti le modifiche riguardanti il lavoro straordinario. Gli straordinari sono obbligatori (per un massimo di 200/250 ore l’anno, ndr) e “nessun lavoratore, salvo giustificato motivo, si può rifiutare” di farli. Ad esempio, possono chiederti di lavorare 10 ore il sabato o la domenica (8 ore di straordinario settimanale + 2 ore di straordinario giornaliero, ndr). Ma non è finita qui.  La cosa assurda è che hanno firmato un contratto che svaluta il ruolo del sindacato stesso. L’azienda, infatti, in particolari circostanze, può modificare turni e predisporre straordinari (anche oltre a quelli obbligatori previsti), senza contattare il RSU. Quale sindacato “sano” può firmare un contratto che riduce il suo potere contrattuale? Ma soprattutto, mentre tutto questo accadeva, durante i tre mesi di trattativa tra Federmeccanica e Cisl-Uil, il nostro sindacato dov’era? Perché si è aspettato di arrivare a ridosso dell’approvazione (e proprio ieri è stato approvato!) per protestare? Non si sapeva della scadenza del precedente contratto? Io ho scioperato contro l’abrogazione dell’articolo 18; ho scioperato per far reintegrare in azienda colleghi ingiustamente licenziati. Ho scioperato contro l’esclusione dalla trattativa della FIOM dell’ultimo contratto nazionale. Ho scioperato, ma cosa abbiamo ottenuto? È vero il giudice ha dato ragione alla FIOM, una bella vittoria, “facciamo storico così tra dieci anni vedranno quello che abbiamo fatto” mi ha risposto il nostro rappresentante interno. Peccato che alla fine ho perso 8 ore di lavoro, il contratto non è stato annullato e lo stipendio sia lo stesso. Dello “storico” non me ne faccio niente. Se davvero ne valesse la pena, se davvero si desse prova che le cose cambiano, allora sì, lo farei. Sono più di 30 anni che lavoro ed è sempre peggio. L’unica cosa da fare è stracciare le tessere, scendere in piazza e bloccare l’Italia. Farlo davvero, non dopo che l’accordo è stato approvato e “solo per fare storico”. Sono stanco e penso che se continuerà così non rinnoverò neanche la tessera. Pago più di cento euro di tessera all’anno e per che cosa? >>.

Le posizioni espresse da M. riguardo alle condizioni previste dal contratto sono condivise appieno da L. il quale, però, ha preso una decisione diversa: aderire alla protesta.

L. << Io ho deciso di aderire allo sciopero perché credo nella FIOM. Rispetto ai vari sindacati è quello che più di tutti riesce a farsi valere e questo anche rispetto alla “madre” CGIL. Ho deciso di aderire perché ritengo inconcepibile il fatto che il mio sindacato, quello per il quale pago una tessera per essere rappresentato, venga escluso dalla trattativa,  ma soprattutto non posso accettare che si parli di questioni riguardanti i lavoratori senza..i lavoratori!! Per quanto riguarda il nuovo contratto sono sconcertato. Sull’aumento (in generale, per come è concepito)  trovo ci siano delle contraddizioni. Innanzitutto, il fatto che l’aumento vada a scalare non comporta che un ampliamento della forbice tra chi guadagna di più e chi di meno. Ok, l’aumento sarà in proporzione, ma dato che la differenza c’è già a monte ed è data dal livello di appartenenza, un aumento trasversale sarebbe più equo, soprattutto in un periodo drammatico come questo dove, proprio chi guadagna di meno, ne ha più bisogno. In secondo luogo voglio rispondere a chi mi dice “Beh, se non ti sta bene questo aumento non prenderlo”, che il problema non è l’aumento in sé, ma che una trattativa con i sindacati divisi non può che nuocere unicamente ai nostri diritti. Sicuramente uniti avremmo ottenuto di più.
Un altro punto è quello del lavoro straordinario. Rendendo obbligatori gli straordinari, non solo si rende l’operaio a completa mercé dell’azienda, ma si riducono anche i margini per nuove assunzioni. La verità è che dopo l’approvazione del “contratto FIAT” la posizione dei lavoratori si sta indebolendo sempre di più (complice la crisi) e senza un sindacato in grado di opporsi, ma che anzi si spacca, bypassa i lavoratori ed esclude dalle trattative una delle sigle con il maggior numero di tesserati (FIOM), è destinato a scomparire. Serve un nuovo sistema, il sindacato deve essere rinnovato, smetterla di essere “politicizzato” e rimettere i diritti del lavoratore al centro dei suoi interessi, comprese le nuove tipologie di lavoratori, i “precari”, sempre più penalizzati e meno tutelati.>>


martedì 4 dicembre 2012

STELLE DANZANTI


Incrociare il tuo sguardo è la mia vita
Vorrei baciarti, stringerti e far scivolare le mie mani sui tuoi fianchi
Farti capire che, sì, mi sono innamorato di te.
La malinconia mi assale
L’amore mi turba
Forse non ti avrò mai, ma ti ho già conquistato.


              MEDARDO

venerdì 30 novembre 2012

L'AUSER SALVA IL PROGETTO DISLESSIA


Nell’ultimo consiglio comunale il sindaco Colleoni ha cercato in tutti i modi di placare le polemiche sorte sulla scuola. Tuttavia, ci troviamo costretti a ritornare su questa delicata questione che, a nostro modo di vedere, continua a non ricevere la dovuta attenzione. L’attuale amministrazione, infatti, non ha mostrato la più che minima sensibilità di fronte ad una tematica di grande impatto sociale come la dislessia.
Forse non tutti sanno che la nostra scuola pubblica, negli ultimi anni, ha promosso un progetto con l’obiettivo di aiutare tutti quegli alunni che hanno necessità di un supporto nell’apprendimento. La giunta comunale, però, ripete ininterrottamente di non essere in possesso dei fondi necessari da stanziare per queste iniziative scolastiche, al contrario di quanto promesso durante la campagna elettorale (che novità!).
Proprio quando il progetto dislessia sembrava destinato a morire, l’AUSER, una delle associazioni più importanti del nostro territorio, si è interessata al problema, finanziando il progetto con una consistente donazione. L’associazione, nonostante le continue difficoltà incontrate in questi ultimi anni come riferito dal presidente Enzo Colombo, continua a rimanere vicina alle fragilità locali e a sostenere quei progetti che non trovano (paradossalmente) il sostegno dell’Ente locale.
Questo episodio conferma, ancora una volta, come tutte quelle belle parole che sentiamo ormai da circa sei anni, sono solo vuote dichiarazioni mai seguite da fatti concreti.

GD Calusco


martedì 27 novembre 2012

STELLE DANZANTI


Il mondo che non c’è

Lacrime amare cadono questa sera.
Ancora in attesa
di un tuo bacio senza fine
guardo l’orizzonte…
il nulla mi osserva dall’alto dei suoi giorni.
Ombre alle mie spalle ridono di me.
Inutili passi verso l’infinito,
disperate corse lontane dall’oscuro.
Pensieri pesanti
Lacrime scure
Fragili basi.
Sulla nuda terra ripenso a te
Ricordo giochi di bambino
sorrisi di ragazzo
avventure di giovane uomo.
Rimpiango giorni non più miei.
Stupide paure afferrano la più intima parte di me,
i miei sogni,
per farne cenere.
Non più illusioni sul mio cammino.
Solo sciocchi pensieri ora,
soltanto stanche convinzioni di un mondo che non c’è.
Lettere incatenate, parole vuote
sgorgano da me
sfuggono ai miei confusi pensieri
per sporcare questo foglio bianco e
prendere forma,
una forma tutta loro che non voglio sconvolgere…
lascio che loro parlino per me,
mentre incolpevole guardo avanti
e ripenso, rivedo ancora,
quel che c’era e più non c’è

                                         angelodellamorte

domenica 25 novembre 2012

IL FILO DI ARIADNE

“Ho sempre detto a tutti che ero felice. Godevo ne sentirmi ammirata e invidiata. Ma la verità è che per tutto questo tempo sono vissuta nella menzogna...”.
(Nicoletta Sipos, “Il buio oltre la porta”)


Il libro da cui è tratta questa frase racconta la storia di Alice, sotto al cui nome fittizio si cela la storia vera di una donna che ha per anni subito le violenze dell’uomo che aveva sposato e che amava. Una donna, non l’unica, una delle tante che ancora oggi sono costrette a subire un incubo da cui non possono, o peggio ancora, non sanno scappare. Perché spesso la violenza è psicologica prima che fisica e ci si trova intrappolati in un labirinto senza uscita, in un buio che riempe l’ambiente in cui una persona dovrebbe sentirsi più al sicuro, la propria casa, la propria famiglia.

Oggi, il 25 novembre, nella giornata internazione contro la violenza sulla donna, il nostro pensiero va a queste donne che lottano tutti i giorni per sopravvivere in quelle tenebre che le attendono al ritorno a casa, o sul posto di lavoro, o ancora anche semplicemente mentre camminano per strada. I traumi che le esperienze a cui sono sottoposte lasciano segni troppo spesso indelebili ed inconfessabili, quindi la soluzione migliore è prevenirli. Mettiamo un freno alla disumanità, alla violenza ingiustificata, ad atti che non si addicono alla società civile a cui sosteniamo di appartenere.



giovedì 22 novembre 2012

CAOS DENTRO: CHE COSA PENSANO LE RAGAZZE D'OGGI?


La Zanzara era il titolo del  giornale studentesco del Liceo Parini di Milano, fondato nel 1945. La rivista, che ebbe nella sua storia giovani redattori divenuti poi firme importanti del giornalismo italiano come Walter Tobagi, è nota per uno scandalo scoppiato nel 1966 quando la pubblicazione di un articolo sulla sessualità degli studenti portò alla denuncia e al processo di tre suo redattori (Marco De Paoli, Claudia Beltramo Ceppi e Marco Sassano).
Il caso rimbalzò immediatamente sulle cronache nazionali dividendo il Paese ma, soprattutto, i partiti politici, con la Democrazia Cristiana e il Movimento Sociale Italiano che costituirono il “partito della colpevolezza”, mentre la sinistra e i cattolici progressisti intervennero in difesa degli studenti. Al processo parteciparono più di 400 giornalisti (molti stranieri) e il 2 aprile 1966 la sentenza assolse i tre ragazzi dall’accusa di stampa oscena e corruzione di minorenni.
Vi riproponiamo l’articolo, sperando di ricordare quei giovani che si sono battuti per le loro libertà, come dovremmo fare anche noi oggi.


Febbraio, 1966
CHE COSA PENSANO LE RAGAZZE D'OGGI? 

Qual è la posizione della donna nella società italiana? Quali sono temi che si trova ad affrontare? Qual è il suo atteggiamento a fronte all'educazione, alla cultura, alla morale, alla religione, al matrimonio ed al lavoro?
È indubbio che negli ultimi anni si sia verificata una notevole diminuzione dei pregiudizi che tenevano la donna in una posizione secondaria di fronte a questi problemi e che un graduale evolversi della società abbia seguito un analogo processo evolutivo anche nel campo dell’emancipazione femminile. Ciò non toglie che in complesso sussista ancora diffusamente una mentalità conservatrice tendente a subordinare il sesso femminile a quello maschile.
Per avere una chiara visione di questi problemi, abbiamo pensato che il metodo migliore fosse quello di discuterne con ragazze di diversa età e di differente formazione in modo da avere un’idea il più possibile fedele delle diverse posizioni.

L’educazione familiare

Uno dei primi problemi che abbiamo affrontato nella nostra discussione è stato quello dei rapporti con la famiglia e dell’educazione che essa impartisce.
Il punto su cui praticamente tutte si sono trovate d’accordo è stato quello di ribadire la necessità di un’educazione «tendente a dare coscienza delle proprie responsabilità». A questo si ricollega il desiderio di una notevole libertà individuale, concessa dai genitori, libertà che nella maggior parte dei casi è stata giudicata soddisfacente.
«Ho sempre avuto molta libertà di agire come voglio, di frequentare la gente che voglio, di pensare come voglio».
Per quanto riguarda i rapporti con i genitori, non viene più accettato un atteggiamento di tipo autoritaristico, ma si chiede loro amicizia e una maggiore comprensione dei propri problemi.
«Io posso accettare un consiglio di mio padre solo se è motivato e non perché dice che è il padre e basta!».
«Io considero mia madre come un’amica, come una donna con cui discutere apertamente. Lei ha verso di me una grande fiducia ed altrettanto io verso di lei. Ascolta le mie opinioni, eventualmente le critica, e le discutiamo insieme. Non mi impone i suoi giudizi: mi consiglia ma mi fascia fare le mie esperienze».
Ci sono, però, alcune eccezioni: «Il continuo e ossessivo desiderio da parte dei miei genitori di aiutarmi e di essermi vicino, mi è parso un’imposizione ed una limitazione della libertà, per cui mi sono allontanata e ho rifiutato il loro aiuto. L’autoritarismo dei genitori si risolve specialmente in un autoritarismo sulle questioni sessuali da cui derivano poi le altre.
Nella mia educazione sessuale non vi è stata una chiara negazione del sesso ma una specie di compromesso tra la negazione del sesso per rispetto a certe abitudini, ed una contemporanea affermazione per paura di essere arretrati negandolo. Il che ha prodotto in me una grande confusione ».
Già da questa risposta si introduce quello che è uno dei motivi fondamentali della nostra inchiesta: l’educazione sessuale. In generate l’intervento dei genitori in questo campo è stato giudicato piuttosto secondario; assai maggiore è l’influenza avuta dalla lettura di libri sull’argomento e dalle confidenze delle compagne:
«I genitori hanno fatto per me solo da complemento».
Per quanto riguarda il futuro invece si prospetta un’educazione sessuale assai più completa e meno «traumatizzante», che abbia il suo fondamento nella scuola:
«L’educazione sessuale nella scuola, e non solo dal punto di vista medico, è assolutamente necessaria per una modifica della mentalità verso moltissimi problemi quali le ragazze madri, i figli illegittimi, ecc. Non vogliamo più un controllo dello stato e della società sui problemi del singolo e vogliamo che ognuno sia libero di fare ciò che vuole, a patto che ciò non leda la libertà altrui. Per cui, assoluta libertà sessuale e modifica totale della mentalità».
«Per cambiare la mentalità sarebbe necessario impostare il problema sessuale su basi serie, cioè introdurre una certa educazione sessuale anche nelle scuole per chiarire le idee su certi problemi fondamentali che ognuno ad una certa età si trova a vivere, in modo che il problema sessuale non sia un tabù ma venga prospettato con una certa serietà e sicurezza. E che esso venga veramente affrontato sul piano sociologico; conoscere cioè tutte le posizioni in modo da avere un orientamento veramente responsabile».

Il sesso e la società

All’esame dell’educazione sessuale segue immediatamente quello del modo in cui i problemi sessuali vengono affrontati dalla nostra società, che si può sintetizzare in un atteggiamento al tempo stesso di ipocrisia e di moralismo. Non potendo ovviamente analizzare a fondo i diversi aspetti della questione, ci siamo limitati a considerarne due, a nostro parere indicativi e di stretta attualità, e cioè la copiosa produzione di film ad argomento erotico, unicamente destinati a fare presa esteriore sul pubblico, e quello del controllo delle nascite. Per quanto riguarda il fenomeno cinematografico (strettamente legato poi a interessi commerciali) abbiamo riscontrato un atteggiamento decisamente polemico:
«I problemi sessuali che vengono prospettati specialmente dal cinema sono in fondo il frutto della nostra società, cioè puntano molto sull’interesse morboso che possono suscitare e sfruttano specialmente questo aspetto invece di studiare a fondo i problemi che affrontano».
«Gran parte di questi film sono fatti da degenerati, per cui vi è da parte loro quasi un piacere morboso nel farli. Sono partiti da un’idea abbastanza giusta, cioè togliere questo velo d’ipocrisia che inceppava il nostro cinema. Ma quando hanno avuto un grosso successo di cassetta sono completamente degenerati».
Un problema assai più complesso è quello del controllo delle nascite. Solo da poco tempo in Italia si può parlare con una certa libertà di questo argomento oggi reso quanto mai attuale dal nuovo atteggiamento assunto dalla Chiesa che affida ogni decisione in questo campo alla «coscienza» dei coniugi. Le ragazze con cui abbiamo parlato si sono rivelate per la maggior parte favorevoli all’uso di mezzi anticoncezionali durante il matrimonio; tutte indistintamente hanno poi dichiarato di essere disposte ad usarli in caso di difficoltà economiche o di motivi di salute.
«Nel rapporto sessuale ciò che più mi pare importante è la necessità di essere completamente uniti e perciò i figli sono una conseguenza di secondo grado e hanno un’importanza relativa».
« Secondo me in ogni rapporto prematrimoniale e matrimoniale, l’uso della pillola sarebbe un atto di viltà, cioè la si usa perché si ha paura di eventuali conseguenze che invece sono la base e il fine dell’unione. Non mi basta essere convinta dell’amore che provo per un uomo e il viverlo pienamente, ho assoluto bisogno di una prova continua di questo amore che secondo me può essere rappresentata solo da un figlio».

Il problema morale e religioso

Dal problema del controllo delle nascite nel matrimonio è poi derivato come logica conseguenza quello dei rapporti prematrimoniali.
«Pongo dei limiti solo perché non voglio correre il rischio di avere conseguenze. Ma se potessi usare liberamente gli anticoncezionali non avrei problemi di limiti».
La questione è molto. complessa e personale e non si darebbe un quadro esatto della situazione volendo generalizzare o fare statistiche. Preferiamo quindi riportare alcuni pareri che ci sono parsi indicativi delle diverse posizioni.
«Molti rapporti sono solo esperienze utili e non capisco come non si vogliano affrontare».
«Specialmente nell’amore nessuno dovrebbe agire secondo limiti e regole già prima codificati, ma solo secondo la propria coscienza e la propria volontà».
«All’uomo che si ama si può date tutto entro però certi limiti. Se si vuole veramente amare vi è solo il matrimonio».
«Se non si è abbastanza sicuri dei propri sentimenti da aver bisogno di un contratto, allora vuol dire che non siamo sicuri di noi stessi e del nostro amore».
«Entrambi i sessi hanno ugualmente diritto ai rapporti prematrimoniali».
«È ridicolo il ragionamento sul matrimonio, perché si arriva al controsenso della frase: ciò che è innaturale prima è naturale dopo».
«Si può volere molto bene ad una persona, però fino ad un certo punto perché ci sono cose che non si può e non si deve assolutamente dare, anche se si ama, al di fuori del matrimonio».
« La purezza spirituale non coincide con l’integrità fisica».
Rispondendo alle nostre domande sull’esperienza prematrimoniale, le ragazze stesse hanno introdotto il motivo religioso, che è strettamente connesso col precedente. Quelle dichiaratamente cattoliche hanno rivelato due diverse tendenze: alcune concordano con la posizione ufficiale della Chiesa, che dà fondamentale importanza alla verginità prematrimoniale. Le altre invece ritengono che se c’è l’amore non abbia più senso parlare di limiti. «La posizione della Chiesa concorda perfettamente con delle norme di natura igienica e sociale che ci impongono delle limitazioni necessarie per non creare dei disordini».
«Il fatto religioso per me è stato profondamente negativo perché mi ha per un certo periodo di tempo vietato strade che io pensavo portatrici di felicità. Poi però mi sono ribellata ma prima di sentirmi veramente libera ho dovuto superare un lungo periodo di dubbi ed incertezze».
«La religione in campo sessuale è apportatrice di complessi di colpa».
«Quando esiste l’amore non possono e non devono esistere limiti e freni religiosi».
«La posizione della Chiesa mi ha creato molti conflitti fin quando non me ne sono allontanata».
Ma la religiosità non è l’unico vincolo che limita la libertà sessuale, vi è anche la preoccupazione di «tradire» la fiducia della propria famiglia, agendo contro le norme della morale corrente.
«La donna, generalmente, non è indipendente ed è fortemente legata alla famiglia e non può assolutamente tradire la fiducia che questa ha in lei».
«I sentimenti di mio padre e di mia madre non possono influire sui miei: posso dare un grande valore a mio padre e a mia madre, ma se io reputo giusto l’agire in un dato modo il loro giudizio non influisce assolutamente su di me».
«Secondo me uno tradisce la fiducia dei suoi genitori solo quando non è coerente con se stesso».

Il matrimonio e il lavoro

Fino a pochi anni fa, prima dell’ultima guerra, alla donna era praticamente aperta un’unica via: quella del matrimonio. Oggi, che più di un quarto della popolazione lavorativa italiana è femminile, la situazione è notevolmente mutata e possiamo dire che questo è uno dei settori in cui più rapidamente si sta realizzando la parità tra i due sessi. Tuttavia il problema si prospetta sotto diversi aspetti a secondo della condizione sociale della ragazza.
È stato interessante conoscere in proposito le idee delle ragazze che frequentano il liceo classico, appartenenti cioè ad un ambiente tipicamente borghese.
«Un tempo non molto lontano, erano i genitori a non spingere la figlia sulla strada dal lavoro, non dandole la stessa educazione del maschio, perché per definizione era destinata al matrimonio e a fare la donna di casa; ma ora sono le figlie che dicono: ‑ Per ora sono i genitori a mantenermi, poi mi sposo; è inutile quindi che mi cerchi seriamente un impegno, una strada. Voglio solo avere una educazione che mi permetta di sposare un uomo di una certa istruzione ed educazione superiore o almeno pari alla mia. ‑ E questo vale specialmente per quelle che frequentano i licei».
«Certamente la maggioranza delle ragazze partono dal presupposto di sposarsi e quindi non danno importanza alla ricerca di una propria strada».
«Molte fanno questo ragionamento: ‑ Io adesso faccio il liceo, perché cosi mi piace, poi presa la maturità, basta, pianto lì tutto e aspetto un marito.
E questi sono ragionamenti che in non ho mai sentito fare da ragazze che lavorano da quando hanno 16-18 anni, ma solo da studentesse, specialmente del Parini, che sembra vogliano sposarsi solo per la paura di restare zitelle».
«Molte di queste ragazze che aspirano come unico fine al matrimonio, saranno veramente, secondo me, delle pessime mogli e delle cattive madri; sarà certamente buona madre quella che già da ragazza ha una coscienza personale e civile».
«Il pensiero dominante sul matrimonio in certi ambienti è questo: ‑ Oh che bello! Dormirò fino alle undici del mattino, mentre quattro donne di servizio sgobberanno a mettere in ordine la casa».
In affermazioni di tal genere si può chiaramente vedere come, secondo una mentalità molto diffusa, si tenda a creare una netta frattura tra lavoro e matrimonio. Però le ragazze intervistate hanno dichiarato di non poter scindere il matrimonio da una cosciente partecipazione alla vita della società sia nel lavoro che nelle altre attività culturali.
«Se mi offrissero una vita solo dedita al matrimonio, alla casa e ai figli, piuttosto di vivere così mi ammazzerei».
«Non è tanto importante partecipare finanziariamente al mantenimento della famiglia ma è assolutamente necessario avere interessi al di fuori del matrimonio».
«Secondo me matrimonio e lavoro non creano un dilemma perché se una donna parte con l’idea di voler essere utile e impegnata, può conciliate benissimo il matrimonio al lavoro; se invece parte con 1’idea di non volere lavorare, ma vuole solo sposarsi, si sposa. Perciò il dilemma non esiste».
«Se una donna non vede se stessa come individuo singolo, profondamente interessato ed impegnato, con responsabilità e diritti anche nel matrimonio al 50 % è inutile parlare di parità con l’uomo».
Si è presentato a questo punto un altro dei problemi oggi di scottante attualità: il divorzio. Come è noto, dopo anni e anni di totale disinteresse che rivelano gretto moralismo e ipocrisia da parte della nostra classe dirigente, si è finalmente giunti ad una proposta di legge che, per quanto cauta e limitata, trasporta la possibilità del divorzio dal piano teorico a quello pratico.
«Il divorzio, concesso però non con leggerezza, deve esistere anche solo per il rispetto che si deve alla libertà dell’uomo».
«Il divorzio, a mio parere di cattolica, non dovrebbe esistere, però sarebbe giusto che esistesse per quelle persone che non condividendo le mie idee sono costrette lo stesso a rimanere legate per tutta la vita ad una persona che non amano».
«L’incompatibilità di carattere veramente comprovata deve essere sufficiente al divorzio».

Impegno collettivo o impegno di elite?

Come conclusione abbiamo chiesto un parere sull’atteggiamento preso nella risoluzione di questi problemi dalla massa delle ragazze. Non crediamo siano necessari commenti:
«La massa delle ragazze è veramente a terra, non credo poi che vi sia una via di mezzo, ma quelle che sono intellettualmente superiori e che hanno un atteggiamento e una posizione positiva, anche se sono poche, hanno certamente un peso importante e riscattano in parte la negatività della massa».
«La maggioranza delle ragazze che pensano in un modo secondo me sbagliato non conta e non ha vero rilievo, in quanto non si sanno effettivamente affermare, mentre le altre, le impegnate, hanno preso veramente coscienza di sé e l’affermano a voce alta. Ma la massa disinteressata che è molto ampia in certi momenti riesce a schiacciare questa piccola elite, e quando le appartenenti a questa massa diffonderanno le loro non‑idee ai loro figli, aumenterà il già immenso numero dei disinteressati. Ma, questo è certo, lo stesso discorso vale per i ragazzi».

Qui una serie di articoli scelti pubblicati dalla stampa italiana e estera dedicati al caso suscitato attorno all'inchiesta "Che cosa pensano le ragazze d'oggi" comparsa il 14 febbraio 1966 ne La Zanzara, organo ufficiale dell'Associazione Studentesca Pariniana.