martedì 30 ottobre 2012

STELLE DANZANTI


L’ultimo canto prima del temporale

Incerta giornata passata,
distratto dal volto di lei.
Il sole a sfiorarci la fronte,
col suo dolce chiarore
annebbiava la mente.

Nubi veloci ora
prepotentemente
si fanno spazio
tra quello che fu.
Di nuovo riesco a guardarmi attorno,
ritorno a vedere.
Fuggevoli battiti d’ali
richiamano la mia attenzione.
Si riaffacciano i ricordi,
il passato riecheggia
con le sue paure,
le sue speranze.

Sotto metri di fango
aspetto
l’ultimo canto prima del temporale.

angelodellamorte

domenica 28 ottobre 2012

IL FILO DI ARIADNE


"Anche la luce sembra morire nell'ombra incerta di un divenire".
(Fabrizio De André, Inverno)

Per capire il senso di questo frase dobbiamo calarci nel contesto della canzone, una delle più belle e affascinanti del “Faber”.
La foschia, che tanto caratterizza l’inverno, ci impedisce di percepire la realtà così com’è, trasmutando ogni minimo particolare che ci circonda. Nella canzone De André fa riferimento, ad esempio, ad un campanile che si fa cipresso, evocando senza alcun dubbio il sentimento di morte che, costante, incombe sulle nostre sorti. La torre del campanile, sempre citata nei primi versi della canzone, è l’unica che riesce a disegnare una linea immaginaria nel cielo, in grado di discernere due piani, la terra e il cielo, che si presentano a noi come un retaggio.
In un simile contesto anche la luce, da sempre la più potente, “sembra morire”. Essa è vita, è forza e, da secoli, l’elemento naturale che incarna Dio in persona. Eppure, se ci fermiamo un secondo a guardare attentamente, durante l’inverno questa sembra quasi cedere, dando origine a quell’ombra incerta che, però, diviene continuo mutare delle cose. Il verbo “divenire” infatti, in questo verso, è fondamentale e esprime quel persistente sussulto che è il senso profondo di tutta la nostra esistenza. Ci sarà un domani dunque e, con esso, un altro inverno.
La vita è quindi, in un insieme composito di momenti e di movimenti, una costante. Una costante che, neanche a dirlo, siamo noi.

giovedì 25 ottobre 2012

CAOS DENTRO: MA IL CIELO E' SEMPRE PIU' BLU


“Non si conoscono che le cose che si addomesticano”, disse la volpe. “Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!”
“Che bisogna fare?” domandò il piccolo principe.
“Bisogna essere molto pazienti”, rispose la volpe. “In principio tu ti siederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino…”
Antoine De Saint-Exupèry


Sto passeggiando per i corridoi psichedelici di un centro commerciale qualunque. Ogni tanto il  mio sguardo si posa sulle vetrine lucidissime dei negozi, talmente lucide che ci si potrebbe benissimo specchiare, e sono pronto a scommetterci che qualcuno di nascosto lo faccia già.
Non m’importa se la maggior parte dei  prodotti esposti non me li possa permettere. Io li osservo ugualmente, per di più con estrema attenzione. Poiché quelli non sono semplici oggetti, ma sono veri e propri indizi, messi apposta ad indicare di cosa ha apparentemente bisogno l’uomo contemporaneo. E questo è un dato di fatto: ormai gli oggetti possiedono un valore nettamente superiore rispetto ai sentimenti, alle emozioni e a tutto ciò che di astratto esiste nel mondo.
Penso che all’entrata dei centri commerciali dovrebbero innalzare un bel cartello con scritto sopra:  “Benvenuti nell’epoca del consumismo, dunque consumate, consumate, inesorabilmente consumate!”.
Ma tanto sono convinto che non lo metteranno mai. E’ necessario far credere alla gente che il fatto di acquistare qualcosa sia una loro vera scelta, non bisogna assolutamente fargli acquisire la consapevolezza di non essere altro che dei banalissimi consumatori, dei burattini completamente alienati, comandati a bacchetta dalle severe leggi imposte dal mercato globale.
Più osservo tutte queste persone che mi camminano a fianco, che mi sorpassano, che mi arrivano dalla direzione opposta, più mi viene da chiedermi che fine abbiano fatto gli esseri umani.
Ognuno procede lungo la sua strada senza la necessità di stabilire contatti, senza sorridersi, senza stringersi le mani e talvolta senza neppure fissarsi un secondo negli occhi. Siamo come spettri, invisibili gli uni  agli altri. In questo posto paradossalmente troppo allegro, l’unica cosa concreta sono i bisogni inutili che la società, i mass media e tutte quelle geniali diavolerie pubblicitarie hanno reso essenziali. Mentre noi siamo diventati poco alla volta sempre più diffidenti e sempre meno coinvolti dalle questioni umane. Capisci ciò che intendo dire? E’ come se ci fossimo dimenticati del fatto che apparteniamo tutti quanti ad unica immensa famiglia. Abbiamo rimosso questa preziosa informazione dal nostro codice genetico. E non solo, ci dividiamo in sottogruppi. Cerchiamo volutamente dei pretesti per spaccarci e dividerci. Le ideologie politiche, le nazionalità, le religioni, i colori delle pelle, i gusti sessuali..
Tutto ciò mi fa ritornare alla mente un famoso detto che dice più o meno così: “Il tutto è più della somma delle sue parti.”. Ecco, l’umanità dovrebbe valere più dei futili gruppetti in cui questa è suddivisa. Ma basta accendere la tv e guardare un telegiornale a caso per rendersi conto che è praticamente impossibile che in un mondo infettato da stupide, inutili ed inconcludenti guerre, questo buon proposito possa un giorno verificarsi realmente.
Decido di abbandonare per un attimo quei brutti pensieri. A passi rapidi mi dirigo verso il bar. Ordino un caffè. La cassiera mi guarda attraverso le lenti dei suoi occhiali, ma sono certo che non stia affatto fissando me, ma un cliente uguale a tutti gli altri. Uno dei tanti, insomma. Quando gli porgo l’euro, mi ringrazia, ma nel suo ringraziamento non riesco a rintracciare neppure l’ombra d’una gratitudine sincera.
Mentre bevo il mio adorato caffè a piccoli sorsi per evitare di ustionarmi il palato, nella mia testa si forma l’immagine di un’utopica società fatta di sorrisi, comunicazione, abbracci e gesti affettuosi autentici. Dove tutti si vogliono bene, a prescindere. In un angolo remoto di questa splendida visione mi pare di scorgere il volto di Gesù Cristo, ma non sono tanto sicuro che sia davvero lui.
Esco dal centro commerciale passando attraverso le porte scorrevoli. Improvvisamente, forse perché i suoi occhiali neri sono tornati in voga, mi viene da ripensare a Pasolini, precisamente ad un’intervista di circa quarant’anni fa in cui dice: “Il regime è un regime democratico, però quella acculturazione, quella omologazione che il fascismo non è riuscito assolutamente ad ottenere, il potere di oggi, cioè il potere della civiltà dei consumi, invece riesce ad ottenere perfettamente, distruggendo le varie realtà particolari. E questa cosa è avvenuta talmente rapidamente che noi non ce ne siamo resi conto. E’ avvenuto tutto in questi ultimi dieci anni. E’ stato una specie di incubo, in cui abbiamo visto attorno a noi l’Italia distruggersi e sparire. Adesso risvegliandoci, forse, da questo incubo, e guardandoci intorno, ci accorgiamo che non c’è più niente da fare.” Non riesco a non dargli ragione e a non credere che quella era stata più che una dichiarazione, una vera e propria profezia.
Mentre mi avvio verso la macchina con le chiavi già impugnate nella mano sinistra, mi convinco del fatto che la profonda crisi economica purtroppo non è la sola crisi che stiamo vivendo.
Uno smisurato senso di tristezza mi assale. E’ come se tutto il male del mondo si fosse impadronito della mia coscienza, stritolandola con violenza, sbriciolando dentro di me ogni forma di speranza.
Sto per entrare nell’abitacolo dell’autovettura quando in lontananza scorgo le sagome di una coppia di anziani che camminano tenendosi per mano, come due giovani innamorati. La mia attenzione si focalizza tutta sulle loro dita intrecciate, sulla simmetria perfetta creata dalle loro mani congiunte. Penso a questi due anziani che magari hanno visto la guerra e provato sulla propria pelle cosa significa essere veramente poveri. Non riesco neppure a immaginare quanti ricordi possano essere celati nei profondi solchi scavati  dallo scorrere del tempo sulla superficie dei loro volti.
I due anziani si sono dileguati dietro l’angolo. Nella mia testa riecheggiano le parole di una nota canzone di Battiato: “Ma c'é voluto del talento per riuscire ad invecchiare senza diventare adulti. Mio amore mio dolce mio meraviglioso amore, dall'alba chiara finché il giorno muore, ti amo ancora, sai ti amo. Il tempo passa e ci scoraggia, tormenti sulla nostra via, ma dimmi c'é peggior insidia che amarsi con monotonia?”
Metto in moto, esco dal parcheggio e imbocco la strada provinciale. Mentre guido penso ad un sacco di cose: all’ipotesi che questo mondo stia per finire, alla crisi economica italiana, al consumismo, alla rivoluzione spagnola, a quella greca, agli operai licenziati in tronco, agli esodati, ai precari, ai disoccupati a tempo indeterminato, alle industrie in fallimento, a chi ha perso tutto, a Gesù, a Pasolini, a due vecchi che si amano ancora, al prezzo esagerato del caffè e della benzina, ai cartelloni pubblicitari, ai programmi televisivi diseducativi, all’inutilità sanguinaria delle guerre, a quel Dio che non riesco mai a capire se esista o meno.
Mi fermo ad un semaforo rosso e in quel momento mi riaffiora alla mente il finale de “Le città invisibili” di Calvino.
“L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e approfondimento continui: cercare e sapere riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio".
La voce roca e vibrante di un redivivo Louis Armstrong mi accompagna per gli ultimi metri di strada. Nel cielo sono comparse le prime stelle, bellissime e luminosissime da mozzare il fiato.
Esco dalla macchina e resto per un po’ di tempo così, con la testa rivolta all’insù.
Con lo sguardo mi metto a fissare i bagliori delle stelle e a setacciare i crateri lunari. In quel momento ogni pensiero, ogni paura ed ogni preoccupazione, spariscono di colpo.   
Ragazzi, la vita è proprio uno spettacolo grandioso,
and I think to myself, what a wonderful world.




OLTRE LE PRIMARIE: RINNOVAMENTO E SOCIETA'. Quale PD per la rinascita del Paese?

Vi aspettiamo tutti, domani sera dalle 21 in poi presso la Sala Civica di Vanzone, per il dibattito "OLTRE LE PRIMARIE: RINNOVAMENTO E SOCIETA'. Quale PD per la rinascita del Paese?"
L'evento, organizzato da GD Calusco e PD Calusco, si pone l'obiettivo di riunire le tre posizioni nate all'interno del nostro partito per un confronto diretto che possa dare ai nostri elettori la possibilità concreta di conoscere i diversi punti di vista sostenuti dai vari candidati sulle tematiche più sensibili.
Inoltre, riteniamo questo evento un'importante occasione per provare a immaginare quello che sarà il futuro del nostro partito dopo le primarie.
Partecipate numerosi!
Vi aspettiamo!

GD Calusco


martedì 23 ottobre 2012

STELLE DANZANTI


Pioggia

Unica mia compagna
in questo triste giorno,
tu che riesci a  rompere 
questo assordante silenzio
e il suono della tua voce
mi distrae dai miei pensieri.
Ora però il tuo canto
diviene sempre più fievole
fino a scomparire ,
mentre sempre più assordante
si fa il rumore dei miei pensieri
che a gran voce reclamano
le mie lacrime,
ma non posso,
non voglio ascoltarli
oggi io non piangerò.
Dreamer

domenica 21 ottobre 2012

IL FILO DI ARIADNE


Quando cammini su strada, se cammini su destra va bene. Se cammini su sinistra, va bene. Se cammini nel mezzo, prima o poi rimani schiacciato come grappolo d' uva. Ecco, Karate è stessa cosa. Se tu impari Karate va bene. se non impari Karate va bene. Se tu impari Karate-speriamo, ti schiacciano come uva!
(dal film Karate Kid - Per vincere domani)

In un periodo come quello attuale in cui si prende tutto alla leggera, dove è normale farsi carico di un impegno per poi non adempierlo oppure lasciare il tutto a metà, in cui si fa fatica a vedere le differenze in un modo che tende ad annullare le diversità, dove non si ha più la consapevolezza di quale privilegio sia il poter scegliere e di quale altrettanto importante dovere questa possibilità porti con sé, con questa frase presa da un film degli anni ’80 vogliamo invitare tutte le persone a porsi di fronte ad una scelta e a optare per un decisione  che sia chiara e precisa, che possa essere identificata in un sì o in un no. I forse, i proviamo e gli speriamo” non sono più sufficienti, portano solamente a un abbandono o a un lavoro mal fatto. E questo è un lusso che non possiamo più permetterci.
Al prossimo bivio che ci troveremo davanti, scegliamo con sicurezza, con decisione. Andiamo su un lato della strada e non prendiamo una posizione intermedia e insicura. Perché lottare per le proprie convinzioni e i propri principi è un diritto che tutti abbiamo, ma è anche un dovere che tutti siamo chiamati a compiere.


giovedì 18 ottobre 2012

CAOS DENTRO: (DIS)INFORMAZIONE E TRASPARENZA


Con l’art. 19 della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e con l’art. 21 della Costituzione Italiana viene sancito il Diritto alla libertà di manifestazione del pensiero, da cui deriva direttamente il Diritto all'Informazione, che non riguarda solo il diritto di ogni cittadino di poter accedere attraverso diversi mezzi a idee e notizie, ma riguarda anche il diritto ad accedere a informazioni  che non siano alterate e manipolate da altri.
Nonostante questo, purtroppo, in Italia è più facile trovare notizie travisate ed omissioni che notizie raccontate in modo imparziale. Basta leggere la stessa notizia raccontata in due giornali diversi, oppure guardare nello stesso giorno due o più telegiornali su canali diversi per rendersi conto di questo: la stessa notizia viene spesso riportata in maniera completamente diversa, vengono omessi dettagli importanti e in questo modo chi legge o ascolta viene portato a conoscere solo una parte della realtà attraverso il filtro scelto da chi ha riportato la notizia. 
Tutto questo è dovuto soprattutto alla continua intromissione da parte di persone influenti (come ad esempio capi di partito) nel lavoro dei giornalisti, persone che si approfittano del potere dei media per far passare idee utili ai loro interessi personali, per nascondere notizie che lederebbero la loro immagine, o per gonfiare (o addirittura inventare) notizie che danneggino l’immagine dei loro avversari. Così il principio pluralistico, secondo il quale i cittadini dovrebbero aver la possibilità di trarre informazioni da fonti concorrenti tra loro, per assurdo viene a mancare, in quanto non esistono diverse fonti che riportino notizie per intero da punti di vista diversi, ma singoli che fanno in modo che vengano riportate mezze verità e che i pareri personali diventino LA notizia.
Ci ritroviamo quindi di fronte a una quasi completa mancanza di trasparenza che lede al diritto all'informazione di ognuno e che permette a dei singoli di approfittare di un potere non loro per interessi personali; anche per questi motivi, già dal 2009, nel rapporto Freedom House (rapporto che misura il livello di libertà di stampa in 195 Paesi del mondo) siamo passati da esser definiti Paese Libero a Paese Semi-Libero. Un dato veramente deludente se si pensa a cosa c’è scritto nella nostra Costituzione e quello che, invece, accade poi nella realtà.
Dovremmo essere (e ci consideriamo) un Paese libero, ma lo siamo veramente?



martedì 16 ottobre 2012

STELLE DANZANTI


Nel buio dei miei giorni i sensi,
assopiti dalla miserabile condizione quotidiana
si destano dolcemente nella luce riflessa dei tuoi occhi.
I tuoi sguardi celano in sé il giorno e, richiamandomi alla vita,
mi stimolano all’azione, all’agire, al desiderio.
Mi sento libero, come libero è il tuo corpo, nella sua grazia
come libero è il tuo sorriso, nella sua spontaneità
come libera è la voglia di averti in tutta la tua armoniosa semplicità.
Non ti avrò mai, ma questa consapevolezza, pur tormentandomi,
mi dona ogni giorno la forza di andare avanti.
Sei il senso di una vita sprecata.

MEDARDO

domenica 14 ottobre 2012

IL FILO DI ARIADNE

“Quando qualcuno cerca, allora accade facilmente che il suo occhio perda la capacità di vedere ogni altra cosa, fuori di quella che cerca, e che egli non riesca a trovare nulla, non possa assorbire nulla, in sé, perché pensa sempre unicamente a ciò che cerca, perché ha uno scopo, perché è posseduto dal suo scopo.
Cercare significa: avere uno scopo.
Ma trovare significa: essere libero, restare aperto, non avere scopo. Tu sei forse, di fatto, uno che cerca, poiché, perseguendo il tuo scopo, non vedi tante cose che ti stanno davanti agli occhi”.
(Hermann Hesse, Siddharta)


Der Suchende in tedesco è “colui che cerca”, termine usato per riferirsi a quegli uomini che non si accontentato delle superficie delle cose, ma che, ragionando, vogliono esplorare, andare in fondo a ogni aspetto della vita, conoscere se stessi. Si tratta di “un cercare che è già di per sé un trovare”, come direbbe Sant’Agostino. “Colui che cerca”, der Suchende, è un individuo inquieto, bisognoso di certezza. Egli cerca l’Assoluto: “una verità su cui fondarsi nell’universale relatività della vita e del mondo”. È un ricercare che ci mantiene in un equilibrio precario tra ciò che siamo e ciò che non siamo ancora. È quel senso di inquietudine che spinge l’individuo ad alzare lo sguardo sulla propria vita e a domandarsi come si è arrivati a quel punto; un sentimento di incertezza che ha da sempre accompagnato l’uomo e che lo ha portato ad affidarsi a dottrine confortanti, luoghi comodi  in cui coltivare la propria identità.
Siddharta  rifiuta queste “dottrine” a cui altri sono pervenuti per mezzo delle loro esperienze, del loro pensiero, della loro conoscenza. Egli è consapevole che per trovarsi, per essere liberi, il percorso verso sé stessi lo si deve compiere da soli. Così si rivolge Siddharta a Buddha dopo averne ascoltato la dottrina: “Questo è il motivo per cui continuo la mia peregrinazione: non per cercare un’altra e migliore dottrina, poiché lo so che ve n’è alcuna, ma per abbandonare tutte le dottrine e tutti i maestri e raggiungere da solo la mia meta o morire”.
Il rischio è di perdersi, ma trovarsi significa pervenire a una consapevolezza di sé che permette alla personalità di realizzarsi completamente e di vivere. Vivere realmente quelle ore, quei giorni, quegli anni che vengono di solito sciupati nella banalità di un’esistenza “d’ordinaria amministrazione”.


sabato 13 ottobre 2012

SINDACO, A PROPOSITO DI SCUOLA...


Caro Sindaco Roberto Colleoni,

rimaniamo sconcertati di fronte all’ennesimo attacco che rivolge alla nostra Scuola, attacco dai toni intollerabili, come intollerabile è la negligenza Sua e di tutta la maggioranza nei confronti di un’istituzione pubblica che sta collassando su se stessa anche a causa delle vostre inadeguatezze.
Non vogliamo portarle l’esempio dei paesi limitrofi (sarebbe troppo semplice umiliarla in questo modo), ma concentrarci proprio sul nostro territorio, quindi sulla nostra scuola pubblica.
Vorremmo ricordarle che la scuola di Calusco d’Adda vive da troppi anni sulle spalle di quegli insegnanti che lei definisce con disprezzo “una casta che non accetta il cambiamento” capaci, nonostante gli insufficienti fondi a disposizione, di portare avanti l’attività didattica, molto spesso anche grazie ad un lavoro che definiremmo quasi “volontariato”. Aule inadeguate allo svolgimento delle attività e mancanza di materiale scolastico (o, se presente, obsoleto) sono solo alcune delle gravissime carenze che ha la nostra scuola e la cui responsabilità non è sicuramente attribuibile a chi ci lavora dentro, ma a una gestione inefficiente da parte della vostra amministrazione.
Fa molto sorridere il fatto che lei parli di “collaborazione” quando, in questi anni, ha sollevato un muro invalicabile fra Comune e Scuola Pubblica.
E poi basta, per favore, con questa telenovela del fotocopiatore…Lo sanno anche gli alberi di Calusco che quest’ultimo è stato fermo per quasi un anno e che ha costretto insegnanti e genitori a far fotocopie a spese proprie. Lei definisce questa una CASTA?
La Casta è costituita da coloro che, una volta eletti, vengono meno al proprio dovere.


GD CALUSCO





giovedì 11 ottobre 2012

CAOS DENTRO: STORIA DI UN PRECARIO QUALUNQUE


Se vi aspettate una storia originale, beh, rimarrete delusi.
La mia storia, infatti, è l’ennesima testimonianza di un giovane laureato precipitato, come tanti altri, nel tunnel del precariato.
Ho 27 anni, una laurea in Scienze dei Beni Culturali conseguita con il massimo dei voti e, ahimè, tante speranze non realizzate. Figlio di operai, ho sempre cercato di aiutare la mia famiglia pagandomi gli studi, così da non gravare troppo sulle spalle dei miei genitori. Fin dal liceo ho ricoperto vari lavoretti saltuari come consegna a domicilio delle pizze, aiuto cuoco, cameriere e barman. Il tutto per una quarantina di euro a week-end, ma con la consapevolezza di essere indipendente, in qualche modo, dai miei genitori. Ricordo ancora i tragici risvegli del lunedì mattina quando, rientrato dal lavoro alle 2.00 di notte dopo una serata al ristorante, la sveglia mi ricordava alle 6.15 di dover prendere il treno per andare a scuola. In fondo non mi pesava molto: il lavoro per me è sempre stato molto importante, non tanto per il ricavato economico, ma per la sensazione di autostima e di indipendenza che questo crea, sentendomi realmente realizzato nel mio piccolo.
La mia vita procedeva senza intoppi e, una volta immatricolatomi al corso di laurea in Scienze dei Beni Culturali, cominciai a studiare assiduamente la mia passione più grande: l’Archeologia. Continuai a pagarmi gli studi lavorando part-time come cassiere e addetto alle vendite presso vari negozi, studiando senza sosta nelle restanti ore del giorno. Quando finalmente mi laureai l’emozione fu immensa: i miei sforzi e quelli dei mie genitori finalmente erano stati ricompensati.  L’emozione, così come la felicità, si tramutarono però dopo pochi mesi in grande rabbia e sconforto. Cominciai a cercare lavoro nel mio settore, ma nessuno prese in considerazione le mie domande. Consapevole della crisi che le materie umanistiche vivono da molti anni in Italia, cominciai a cercare lavori più umili, così da poter guadagnare qualcosa in attesa di un’offerta più consona ai miei studi. Paradossalmente mi ritrovai scartato anche in questi settori, rimbalzato ogni volta con la solita e, a mio modo di vedere, squallida frase: “lei è troppo qualificato”. La laurea, da sogno di una vita, si trasformò in poco tempo in un incubo, soprattutto quando trovai lavoro in un call center. Alzarsi ogni mattina per 400 euro al mese (se ti va bene) per svolgere un lavoro per niente dinamico, subdolo e senza il più che minimo margine di miglioramento mi pesava tantissimo, così come mi pesavano ancor di più i commenti di molti colleghi che, nel vedermi laureato, non risparmiavano battute del tipo: “la laurea non serve a un c…” o “voi laureati vi credete migliori di tutti, ma alla fine vi ritrovate a lavorare con noi, anzi, sotto di noi”. Con umiltà e tanta pazienza lavorai in quel posto per quasi 1 anno e mezzo, il tempo che mi servì per mettermi da parte un certo gruzzoletto e partire per l’Inghilterra.
Ebbene sì, ora vivo a Londra. I miei amici mi invidiano ma, quando mi guardo, mi rendo conto che per vivere dignitosamente sono tornato a fare quei lavori che svolgevo quando frequentavo liceo, lasciando la mia famiglia e gli affetti più cari. In fondo qui ti permettono di vivere e di pensare ad un futuro, prospettiva che in Italia al momento non esiste.
Con questa testimonianza non voglio suscitare pietà in nessuno, ma solo continuare a porre l’accento su un problema che non vede soluzioni nel nostro Paese. Noi giovani pretendiamo solo una cosa, una cosa molto semplice: vivere la nostra vita.
Sarebbe bellissimo ritornare in Italia ma per farlo, oltre a mettermi da parte altri soldi per realizzare qualche bel progetto, sarebbe importante riacquistare quell'autostima che, solitamente, un lavoro ti dona quando ti senti realizzato nella società. E’ quello che sto cercando di fare in Inghilterra.
Chi lo sa…magari un giorno ritornerò e mi sentirò nuovamente orgoglioso di essere un laureato italiano.



martedì 9 ottobre 2012

STELLE DANZANTI


Ansia

Il respiro entra ed esce,
invade le membra, incapace di fissità,
le pervade, nel lampo di un battito,
poi le abbandona di nuovo,
più in fretta del solito.

I pensieri corrono, scappano,
impossibile fermarli, focalizzare
le loro pallide ombre impalpabili,
intuire il soggetto del loro moto,
del loro oscuro tormento.

Qualcosa mi angoscia,
agita il mio spirito,
frantuma il fantasma diafano
della mia calma, i cui cocci
pungolano l’anima in travaglio.

Il mare confuso, inquietato da una brezza
spirante da una direzione ignota,
si sfoga in onde irregolari
gonfiate e spente dall’agitazione
che, estranea, lo investe.

Ogni vano sforzo di sondare
i bui abissi sconfinati
della mia mente in tempesta
si spegne sotto la nuova marea
di un’inquietudine impenetrabile.

E i tentativi restano sperduti,
vagando nell’ incertezza
di un rapido respiro affannato,
di un maremoto di riflessioni sfocate,
nel canto a singhiozzo dell’ansia.
 


Astarte


domenica 7 ottobre 2012

IL FILO DI ARIADNE


“Bisogna avere ancora un caos dentro di sé per partorire una stella danzante”
(F. W. Nietzsche, Così parlò Zarathustra)

Questa è forse una delle frasi più famose di Nietzsche e tutti quelli che conoscono il filosofo tedesco, anche solo per sentito dire, di solito hanno in mente questa sua affermazione. Nonostante ciò però il suo significato non è immediato, ma anzi richiede una profonda riflessione. Con queste parole Nietzsche, attraverso la bocca di Zarathustra, invita gli uomini a superare quello che sono, ad abbandonare le loro certezze fasulle e ad accogliere la nascita dell’Oltreuomo. Il “caos” di cui parla è appunto lo stato in cui l’uomo si trova dopo aver abbandonato i suoi valori ritenuti assoluti ed aver accettato il caos dionisiaco dell’esistenza, dopo aver guardato nell’abisso ed esserne uscito, mentre la “stella danzante” è l’incipit del cambiamento verso una nuova vita.

Ora, si può essere d’accordo o meno con la filosofia nietzscheana, ma una cosa è innegabile, almeno ai nostri occhi: il nostro mondo, la nostra società hanno bisogno di un cambiamento, di un nuovo sentiero da seguire, di nuovi valori in cui credere. E siccome questi non sono già dati e non appaiono dal nulla, siamo noi a doverli creare. Noi non pretendiamo di portare avanti questo cammino, fino alla fine, ma vogliamo almeno fare il primo passo su quel “ponte sopra l’abisso”, per usare ancora le parole di Nietzsche, e aprire così la strada alle nuove stelle.


giovedì 4 ottobre 2012

CAOS DENTRO: SPORT, MA QUANTO CI COSTI?

Non posso fare a meno di notare che sempre più spesso, dopo che ci si è proposti un ideale da seguire, si finisce per abbandonarlo perché intervengono interessi di altro tipo, soprattutto economici o di prestigio. E allora mi chiedo se quel punto di partenza che ci si era fissati all'inizio nasceva da un genuino interesse verso una certa realtà o se era solo un modo per costruirsi un’immagine di un certo tipo e piacere così all'opinione pubblica.

Non voglio parlare di grandi progetti o fatti importanti, non credo di essere abbastanza esperta per poter giudicare, e poi non ce n’è bisogno: per trovare un esempio basta guardare alla vita di tutti i giorni e alle attività ad essa connesse. Io parlo da giovane ragazza quale sono, dal mio mondo che ruota intorno a scuola, amici e hobby. E, come accade per molte persone della mia età, tra questi ultimi lo sport ha per me un ruolo importante. Ora, molte associazioni e federazioni sportive, specialmente quelle che si rivolgono a bambini e ragazzi, sono nate per tentare di “togliere dalla strada i giovani”, o almeno si sono dimostrate interessate al problema, e, per fare ciò, li incoraggiano ad avvicinarsi al mondo dello sport. Io trovo che questo ideale sia davvero apprezzabile: lo sport infatti, se praticato con onestà e passione, può anche essere a suo modo “una scuola di vita” , insegnando a chi lo pratica il valore della lealtà, del rispetto delle regole e degli altri, oltre che costituire un’alternativa capace di evitare che molti ragazzi si “perdonano”,  finendo spesso per inoltrarsi nel mondo della droga o della criminalità.

Ma, se davvero è questo uno degli obiettivi principali delle società sportive, allora io mi chiedo: com’è possibile perseguire questa linea di pensiero se le stesse associazioni non fanno nulla per facilitare l’avvicinamento delle persone alla loro attività? I prezzi dei corsi e dell’equipaggiamento necessario per praticare non fanno che aumentare e sembra che gli organismi come le Polisportive o la stessa amministrazione dei Comuni non facciano nulla per venire incontro alle spese che le famiglie si trovano costrette a fronteggiare e che spesso scoraggiano a partecipare. In otto anni che pratico qui a Calusco, non ho fatto altro che vedere i prezzi dell’affitto della palestra salire ogni anno sempre di più. Il mio allenatore ha fatto di tutto per cercare di non aumentarci la quota annua di iscrizione, ma alla fine non è più stato possibile. Non è forse questo un segno di disinteresse da parte delle Polisportive che sono tanto brave a parole ma che alla fine sembrano pensare più al loro interesse che agli effettivi benefici per i loro iscritti? Siamo in piena crisi economica e questo può anche spiegare la maggiore necessità di denaro. Ma sono certa che esistono altri modi per ottenerlo, continuando a perseguire lo scopo primario di restare vicini ai giovani che trovano nello sport una spinta a cambiare vita e a divenire persone responsabili.

Anche il Pubblico sembra non mostrare il minimo interesse verso questo problema che pure dovrebbero interessarlo in prima persona visto che non fa altro che ripetere che “i giovani sono il futuro della nazione” e che è importante occuparsi di loro. Se per esempio il Comune di Calusco destinasse anche solo una piccola quota annua per permettere di tenere più bassi i costi delle attività sportive almeno per le famiglie con reddito basso sarebbe già un passo avanti. E per una volta dimostrerebbe di essere vicino ai cittadini con i fatti oltre che con le parole.




martedì 2 ottobre 2012

STELLE DANZANTI


Ad un amore perduto

Questo soltanto di te mi resta,
un foglio pieno di vuote parole
e dei ricordi che fanno male
che vagan liberi nella mia testa.

Faccio fatica a dimenticare
le gioie che con te ho provato,
il bel periodo con te passato
che tutto di te mi ha fatto amare.

Ma la felicità se n’è andata via
solo silenzio da te ricevevo
senza saperlo io ti perdevo,
ora non ho la tua compagnia.

Non so spiegarmi perché sia accaduto
all’improvviso ti sei girata
così su due piedi te ne sei andata
e tutto quanto è andato perduto.

Serate splendide dimenticate
non so come tu ci sia riuscita
in un istante per te era finita
le mie parole…tutte sprecate!

Ora il mio cuore è un po’ più leggero,
soltanto un foglio con vuote parole
e dei ricordi che fanno male
mi restan di te, mio dolce mistero.
  
angelodellamorte