Articoli 7 e 8

ARTICOLO 7.
"Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
..."

ARTICOLO 8.
"Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
..."

Nell’articolo 7 si stabilisce la “separazione tra ordine religioso e ordine temporale”.
Uno Stato può essere definito ”laico” solo quando non fa propria una morale di matrice religiosa (derivata da una fede). In quest’ottica esso si contrappone allo Stato “clericale” in cui i precetti propri di una fede sono seguiti dallo Stato medesimo e diventano vincolanti per tutti i consociati. Il principio di laicità, pur non essendo citato espressamente, è uno dei principi fondanti della nostra Costituzione.

La sua esistenza discende, anzitutto, dal fatto che il nostro ordinamento si ispira al principio del pluralismo. Da esso deriva l’impossibilità per lo Stato di dare prevalenza ad un orientamento ideologico rispetto ad un altro. Come ha precisato la Corte costituzionale con la sentenza n.203 del 1989, il principio di laicità, declinato negli articoli 2, 3, 7, 8, 19, e 22, rappresenta un principio “supremo” che non potrebbe essere eliminato neppure mediante il procedimento di revisione costituzionale.

L'articolo 7 rappresenta dunque il pilastro del principio di laicità, che pretende che non ci siano intromissioni ed interferenze fra l'ordine religioso e quello temporale. In Italia purtroppo, soprattutto negli ultimi anni, abbiamo avuto una violazione costante di questo costrutto. Pochi esempi: la Chiesa cattolica che fornisce indicazioni di voto ai parlamentari o che invita all’astensione sul referendum sulla legge 40; il governo che introduce nel progetto di legge sul testamento biologico le definizioni volute dalla gerarchia ecclesiastica ( in primis: “la vita non è un bene disponibile”).

Nell’articolo 8 si stabilisce il principio di “eguaglianza delle religioni fra di loro”. Questo principio, che non è ancora stato completamente realizzato, pretenderebbe che tutte le religioni, e per estensione anche chi non aderisce a nessuna religione, abbiano uguale spazio ed uguali diritti.
In ogni caso, non si può ignorare che compito dello Stato deve essere garantire la parità tra le diverse confessioni religiose e anche verso coloro che non ne professano.

Da questi due articoli ne deriva sia l’inammissibilità di discipline volte ad assicurare ad una fede un trattamento privilegiato rispetto a quello riservato alle altre, sia il divieto di discriminare una confessione specifica rispetto alle altre. 
Inoltre, dal punto di vista dei singoli, il supremo principio di laicità impone di dare analoga tutela al sentimento religioso di tutti, ivi compresi i non credenti.